
Cosa si intende per mosto di birra? Elemento centrale della produzione brassicola, il mosto è il liquido zuccherino da cui si ottiene la birra. Si forma grazie all’intervento del lievito, che trasforma gli zuccheri in alcol.
Oggi come ieri, la fase di produzione del mosto di birra si chiama cotta. E nonostante sia cambiata l’attrezzatura (oggi è in acciaio), sia migliorata la termoregolazione dei tini di cottura e delle cantine ed è fortunatamente aumentata l’attenzione all’igiene e alla sanificazione del processo, la tecnica è rimasta praticamente immutata nei secoli.
Anche gli step di preparazione del mosto di birra sono più o meno gli stessi dei tempi dei primi Mastri birrai: la macinazione del malto, l’ammostamento, la filtrazione, la bollitura e luppolatura e infine la fase finale, che comprende la decantazione, il raffreddamento e l’ossigenazione del mosto.
Tutto comincia con la macinazione del malto d’orzo e di altri cereali eventualmente utilizzati, che serve a rendere solubile l’amido e gli enzimi contenuti nel malto. Questa fase è molto importante perché una macinazione e una frantumazione corretta facilitano le lavorazioni successive e ottimizzano gli aspetti organolettici della birra finita.
La seconda tappa è l’ammostamento, che consiste nella miscelazione della farina di malto con acqua molto calda. Grazie agli enzimi presenti nel malto, molti composti vengono estratti dalle parti solide, dissolvendosi nella fase liquida. Dopo aver miscelato il malto macinato con l’acqua, occorre controllare i tempi e le temperature dell’impasto, in modo da facilitare le trasformazioni necessarie.
È questo il momento in cui viene fuori la sapienza del mastro birraio, che “impone” alla birra che verrà alcune sue tipiche caratteristiche come il corpo e la tenuta della schiuma.
Al termine di questa fase la temperatura viene portata a oltre 70°C in modo da disattivare gli enzimi e favorire il successivo processo di filtrazione. A questa temperatura si riduce infatti la viscosità del mosto e si ottimizza l’efficacia dell’estrazione. La filtrazione avviene di solito in un tino con doppio fondo. La parte liquida e zuccherina (cioè il nostro mosto) viene separata dalla parte solida, ovvero le scorze del malto macinato (che si chiamano trebbie), prima di essere inviata alla caldaia di bollitura. Questa fase serve a evitare che le impurità più fini passino nel mosto e arrivino alle fasi successive di bollitura. Potrebbero infatti causare il rilascio nella birra finita di tannini e altre sostanze indesiderate.
Una volta separato dalle trebbie, il mosto è inviato alla caldaia di cottura e portato a ebollizione. Durante la fase di bollitura si aggiunge il luppolo, che dal punto di vista organolettico fornisce alla birra l’amarezza che lo caratterizza (gli addetti ai lavori parlano di “funzione amaricante”) e l’aroma degli oli essenziali in esso contenuti. La bollitura del mosto solitamente dura tra i 60 e i 90 minuti e assolve a diverse funzioni: depotenzia gli enzimi ancora eventualmente presenti; sterilizza il mosto; favorisce la coagulazione e la precipitazione di proteine e polifenoli; consente, attraverso una bollitura prolungata, la trasformazione degli alfa acidi del luppolo in iso-alfa acidi, responsabili della componente amara della birra.
Arriviamo infine alle fasi che perfezionano la produzione del mosto di birra: l’evaporazione dell’acqua con la relativa concentrazione del mosto, la decantazione, il raffreddamento e l’ossigenazione: il lievito che viene “seminato” nella fase successiva del processo brassicolo ha bisogno infatti di ossigeno per la moltiplicazione cellulare e per un rapido avvio della fermentazione. Ma questa è un’altra storia, ed è anche un’altra fase importante della produzione birraria. Ne parleremo in un altro articolo!