
In una certa misura la birra alla frutta è sempre esistita. Ritrovamenti archeologici risalenti a millenni di anni fa dimostrano come la forma più arcaica di birra fosse prodotta a partire da spezie, erba e frutta. Nel corso dei secoli l’uso non fu preponderantema la testimonianza rimane ugualmente significativa perché dimostra come i primi birrai della storia fossero arrivati a un’intuizione importante: la capacità della frutta di influenzare il prodotto finale arricchendone l’aroma.
Per ufficializzare la nascita dello stile Fruit Beer bisogna aspettare tempi relativamente moderni e quello che per molti puristi fu considerato un azzardo. Negli anni ‘80 alcuni produttori belgi della regione del Pajottenland cominciarono a fare della frutta un ingrediente tradizionale delle celebri birre Lambic, caratterizzatedalla fermentazione spontanea ad opera di batteri naturali e lieviti selvatici. La volontà era venire incontro ai mutati cambiamenti di gusto dei consumatori e stemperare le note acidule delle Lambic che fino a quel momento ne avevano decretato la fama. Ad alcuni l’esperimento non piacque ma segnò l’inizio di una nuova era per la tradizione brassicola con la diffusione dei primi stili Kriek (ciliege fresche) e Framboise (lamponi).
Oggi le Fruit Beer sono diffuse ed amate. Non rappresentano più qualche esperimento o caso isolato ma una famiglia distinta che con le sue caratteristiche appartiene di diritto al panorama brassicolo internazionale.
Il metodo di produzione non si distingue eccessivamente da quello classico. Segue il processo della birra tradizionale con l’aggiunta di frutta fresca o essiccata durante il processo della fermentazione che conferisce alla birra il classico aroma e sapore di frutta. La procedura si conclude con l’imbottigliamento: una volta terminata la fermentazione, la birra fruttata viene imbottigliata e lasciata maturare prima di essere messa in commercio.
Le Fruit Beer raccontano ed esaltano il territorio di provenienza. Accade con lo stile grapefruit dove pompelmo e agrumi trovano massima esaltazione con le note amaricanti dei luppoli americani. Anche l’Italia non è estranea a questo fenomeno. Sulla scena del Bel Paese si sono affermate le Italian Grape Ale la cui particolarità consiste nell’impiego di uva quasi sempre in forma di mosto.
Per chi non ha mai assaggiato le fruttate suggeriamo di partire dalle origini con un prodotto che più tradizionale non si può. È la Framboise Boon, birra ai lamponi prodotta dall’omonimo birrificio con sede a Lambeek, in Belgio, sotto la supervisione del mastro birraio Frank Boon. Trecento grammi di lamponi freschi per litro sono sottoposti a una macerazione fermentativa in botti di rovere per un risultato davvero inimitabile.
Interessante anche spostarsi in California da Firestone Walker dove quasi per gioco è nata la Krieky Bones. Per celebrare il suo 50esimo compleanno, David Walker, il proprietario del birrificio, chiese ai suoi collaboratori di realizzare una birra fermentata alle amarene; quelli presero sul serio la cosa e ne tirarono fuori un prodotto troppo buono per essere confinato a una serie limitata.