
Il segreto della maturazione, o fermentazione secondaria, è il tempo. Per chi ragiona in termini puramente economici, avere un prodotto fermo per quattro settimane, in alcuni casi anche per due anni o più, è un costo. Non tanto – o non solo – per il capitale rappresentato dal prodotto fermo, ma anche per i consumi energetici, gli spazi occupati e le attrezzature bloccate. Per coloro però che amano la birra e il mestiere di mastro birraio, la maturazione è una delle fasi più affascinanti di tutta la produzione: qui le birre diventano “grandi”, esauriscono correttamente la parte zuccherina eccedente, guadagnando una maggiore bevibilità, rotondità al palato e soprattutto digeribilità.
La maturazione ha inizio una volta che la birra ottenuta dalla fermentazione (birra giovane) viene separata dal lievito prelevato dal tino. Il lievito verrà arieggiato e rigenerato, pronto per essere nuovamente utilizzato in una successiva fermentazione. Nella birra, invece, una parte dei lieviti ancora attivi, rimasti in sospensione, favorisce la rifermentazione degli zuccheri ancora residui e quindi la saturazione dell’anidride carbonica. Nei tini di maturazione avviene anche una chiarificazione naturale per sedimentazione dei lieviti residui o di altre torbidità non desiderate.
Una maturazione lunga consente una maggiore stabilità della birra, evitando, in alcuni casi, di doverla filtrare o pastorizzare.